“Dopo Piazza Fontana ci fu il dilagare delle legaliste e innocentiste controinchieste in cui la macchietta dell’anarchico bombarolo e sanguinario venne sostituita dall’ancor più demenziale macchietta dell’anarchico vittima inerme e predestinata della violenza statale. In molti, per quieto vivere o per strappare i propri compagni dalla galera stettero al gioco, alcuni si spinsero oltre contribuendo loro stessi a questa nuova tendenza “investigativa” attraverso controinchieste altrettanto legaliste, macchiettistiche e piagnone. Non si possono comprendere a pieno i fatti tragici di Milano ed il conseguente panico e scompiglio tra le fila anarchiche senza fare un breve accenno alla lenta ma graduale evoluzione che coinvolse una parte del movimento negli anni che vanno dal 1962 al 1969.
In tutta Italia in quegli anni gli anarchici d’azione attraversarono un momento di grande vitalità, direi quasi di rinascita. Diversi nuclei e gruppi di affinità molto mobili, di giovani e meno giovani, crebbero nella potenza delle loro azioni, da attentati di bassa intensità col nitrato fino a più potenti attentati con la dinamite. Questa crescita ebbe un’accelerazione grazie all’influenza delle FIJL spagnole e della loro diretta emanazione: il gruppo internazionale Primo Maggio. Questa evoluzione si verificò contemporaneamente in altri paesi europei dando frutti migliori: l’Angry Brigade in Inghilterra, i Ribelli dell’hashish in Germania, i GARI in Francia. In Italia lo shock collettivo della strage di stato interromperà bruscamente quest’evoluzione bloccandone lo sviluppo.
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“gli anarchici colpiscono con regolarità periodica, e ogni due tre mesi c’è qualcosa che succede nella tranquilla società italiana. Vedi, ad esempio, gli attentati contro il consolato spagnolo a Napoli e il fallito attentato contro lo stesso consolato di Genova …” (Ivo della Salva, intervista dalla latitanza)
Questa evoluzione sarà bruscamente interrotta dal complottismo dilagante che farà seguito alla stage. L’apice del “piangersi addosso” verrà raggiunto dopo l’omicidio di Pinelli con lo stravolgimento in chiave vittimistica pacifista e democratica che il movimento nella sua grande maggioranza fece della figura di questo compagno: decine di congetture, milioni di fogli processuali avvallanti le teorie più astruse su complotti internazionali, trame nere, trame rosse, opposti estremismi, CIA, KGB, servizi segreti “deviati”. Da tutte quelle scartoffie processuali e delle conseguenti e parallele controinchieste nacque una nuova “scienza” che avrà nell’anarchismo d’azione una delle sue vittime più illustri. In nome di questa “scienza”, denominata “strategia della tensione”, ad ogni petardo o bomba negli anni a seguire arrivò regolare come un cronometro l’accusa di provocazione. Ogni volta che un gruppo anarchico colpisce, ancora oggi capita che le mummie dell’immobilismo “rivoluzionario” ricaccino fuori questa usatissima e utilissima teoria contro quanti si permettano di trasformare in fatti ciò di cui in mille blaterano. L’anarchismo italiano degli inizi degli anni settanta sarà fortemente caratterizzato dalla campagna per la liberazione di Valpreda. Una campagna tutta incentrata sul legalismo, che verterà quasi esclusivamente sulla difesa processuale e sulla ricerca del consenso pietoso dell’opinione pubblica democratica. (…) Al di fuori del “bel paese” i compagni/e che avevano collaborato con Pinelli e la sua “Croce Nera”, federazioni giovanili, FIJL, Primo Maggio, Black Cross inglese erano confusi e frastornati. Le notizie che ricevevano dall’Italia erano contraddittorie, il movimento italiano era totalmente in balia della caccia all’infiltrato, sembrava che non ci si potesse più fidare di nessuno, totalmente in panico, gli anarchici italiani vedevano agenti segreti e provocazioni ad ogni angolo di strada. Un esempio illuminante di questa paranoia diffusa e contagiosa ce la fornisce Octavio Alberola, uno dei fondatori del gruppo Primo Maggio che, nel libro “El anarquismo espanol y la accion revolucionaria, 1961-1974” scritto nel 1975 a due mani con Ariane Gransac, quando inizia ad elencare le azioni verificatesi in quegli anni si blocca confessando che da una certa data in poi non si sarebbe pronunciato sull’Italia per colpa delle provocazioni e montature in atto in quel paese, che rendevano poco credibili le azioni verificatesi in quel lasso di tempo. Questi dubbi di Alberola sono indicativi della confusione e del panico che regnavano negli ambienti anarchici italiani, che nella stragrande maggioranza si trovarono impreparati davanti a questi tragici eventi non riuscendo a dare una risposta collettiva altrettanto aggressiva quanto la violenza e repressione che li aveva colpiti.
Il 9 settembre 1970 le federazioni giovanili ed il Primo Maggio in ricordo del loro compagno Pinelli fecero scoppiare degli ordigni simultaneamente a Parigi, Londra, Manchester e Birmingham contro edifici di rappresentanza italiani. Fu l’unica azione di un certo spessore fatta in Europa per Pinelli. La responsabilità di questa scarsa solidarietà rivoluzionaria fu dovuta alla linea difensiva legalista che i compagni stavano portando avanti in Italia. Perché qualcuno fuori dai confini italiani si ricordi anche di Valpreda bisognerà aspettare il febbraio del 1972 quando una bomba in sua solidarietà scoppiò all’ambasciata italiana di Bruxelles. In Italia le cose non andarono tanto diversamente, furono poche le azioni di rilievo da inquadrare come reazione ai fatti di Piazza Fontana che usciranno dai binari della protesta simbolica civile.
Poche azioni ma significative, il 17 maggio 1972 il commissario Calabresi, maggiore responsabile della morte di Pinelli venne ucciso sotto casa da sconosciuti. Anche in quel caso scattò lo sdegno di una parte del movimento: incredibilmente anche molti anarchici, Valpreda incluso, urlarono allo scandalo. In mancanza di un responsabile da infamare si scagliarono contro l’azione delirando di “complotti” e di una fantomatica utilità da parte del potere a far sparire un testimone scomodo. Senza ritegno si tentò di insozzare un azione esemplare, lucida, chirurgica. L’operazione denigratoria non riuscì, il movimento tutto si galvanizzò, Lotta Continua esaltò il gesto vendicatore, alcuni suoi ex militanti decenni dopo pagheranno caro con la galera il loro antico entusiasmo. Da quella data gli storici faranno partire i cosi detti “anni di piombo”.
Esattamente un anno dopo, il 17 maggio 1973 davanti alla questura milanese appena finita l’inaugurazione di una lapide a Calabresi, l’anarchico individualista Gianfranco Bertoli lanciò una bomba a mano facendo svariati morti e feriti. Il compagno, una volta catturato, rivendicò con orgoglio il suo essere anarchico individualista e spiegò il suo gesto come una vendetta per l’omicidio di Pinelli: lapidato pubblicamente da tutto il movimento anarchico, le anime belle della “Rivoluzione” lo fecero immediatamente passare per fascista a libro paga dei servizi segreti deviati. Tra le pochissime eccezioni il Ponte della Ghisolfa circolo anarchico milanese che pur dissociandosi dal “folle” (sic.) gesto lo riconobbe come un compagno, che sbagliava, ma pur sempre un compagno. Molti anni dopo convinti da un magistrato democratico cambieranno idea, ma questa è un altra storia, molto sgradevole che non mi va di raccontare, una brutta storia fatta di strumentalizzazioni e convenienze politiche.”
[da un contributo critico del compagno anarchico Alfredo Cospito scritto nel 2015 per il secondo numero di Croce Nera Anarchica]