Mese: Agosto 2019
> Bang Up and Smash Prisons < categorie linguistiche ed etichette sociali <
“Non è sufficiente criticare semplicemente le azioni altrui. L’anarchia sta affogando in parole critiche e teorie vuote, bisogna agire.” [1]
“Sappiamo che i testi non sono sufficienti a confronto della comunicazione dal vivo, ma d’altra parte comprendiamo che viviamo condizioni di comfort che non consenteno molte opzioni oltre al contributo scritto di pensieri, idee e proposte che fanno appello a chiunque crede che possano derivarne qualcosa.” [2]
Una delle maggiori sfide interne al linguaggio è la selezione di categorie. Qual è il miglior modo per articolarmi senza impiegare la retorica dello Stato? Come essere chiaro nella mia analisi senza usare stereotipi dannosi? Kilgore e altri hanno sostenuto che molte etichette usate per descrivere “persone precedentemente incarcerate” sono esempi di “linguaggio stigmatizzante”. [3]
Mentre ho tentato di evitare qualsiasi linguaggio discriminatorio, ho usato i termini prigioniero ed ex prigioniero. Non è mia intenzione implicare che l’identità principale dell’individuo descritto come un ex prigioniero sia il suo status in relazione al sistema legale (anche se quando sei stato rilasciato può sembrare così). [3]
Come è stato ben documentato, la teoria della porta girevole e l’analisi del cosiddetto recidivo dimostrano chiaramente che una volta che un individuo è stato incarcerato, è sempre più probabile che sia oggetto di future pene detentive. [3]
“Le prigioni rimuovono le persone dalle loro comunità, le isolano dalla sostegno sociale e li disconnettono da rapporti di responsabilità … Di conseguenza, le persone spesso escono di prigione in uno stato molto peggiore rispetto a quando sono entrate, mettendole a maggior rischio delle situazioni che le hanno portate in prigione.” [3]
“La riforma è un percorso verso forme più insidiose di soggiogazione perchè si maschera come umanità, speranza, maggior libertà..” [3]
Le persone delle carceri di donne a medio termine fanno riferimento a quelle che lo Stato ha etichettato come donne e poi imprigionati nelle sue istituzioni di genere. Non presumo che tutti i detenuti di questi miserabili luoghi si identifichino come donne. Né presumo che le carceri femminili ospitino tutti i prigionieri all’interno del sistema che si identificano come donne, poiché ci sono molte donne trans trattenute prigioniere nelle carceri degli uomini, Istituti per la difesa dei giovani (IIS), Centri di rimozione per immigrazione (IRC) e così via. [3]
Molti articoli riguardo le carceri femminili dichiarano, una strana nuvola di oltraggio liberale, che le donne non dovrebbero essere in prigione. Le organizzazioni riformiste e i criminologi sostengono che questa incarcerazione distrugge le famiglie e le vite e che le donne hanno “bisogni complessi” che la prigione non affronta. Vorrei essere chiaro: nessuno dovrebbe essere in prigione. La prigione è veleno. [3]
Alcune etichette sono necessarie per andare avanti con la discussione, quindi spero di aver scelto le opzioni meno offensive, ma convenienti. Personalmente, non ho problemi con le persone che si riferiscono a me come ex prigioniero; tuttavia, molte altre etichette relative all’incarcerazione e al sistema legale sono altamente problematiche. “Offensore” implica colpa, così come la parola “criminale”. Il linguaggio della legge è il linguaggio del dominio e non voglio perpetuarlo. [4]
“Molte persone che non vanno mai in tribunale sono persone offensive e maggiore è il potere sociale di qualcuno, maggiori sono le opportunità di imporre la propria offensività sugli altri.” [4]
“Non abbiamo ancora imparato a parlare delle prigioni come istituzioni che raccolgono e nascondono le persone che la società tratta come rifiuto.” [5]
“Rather than try to imagine one single alternative to the existing system of incarceration, we might envision an array of alternatives that will require radical transformations of many aspects of our society. Alternatives that fail to address racism, male dominance, homophobia, class bias, and other structures of domination will not, in the final analysis, lead to decarceration and will not advance the goal of abolition.” [3]
[traduzione da Bang Up and Smash Prisons]
- Wild Fire, An Anarchist Prison Newsletter Number One (2015)
- CCF, Chaotic Variables: A Theoretical Contribution in Proposal for an Informal Anarchist Platform (2016)
- Sarah Lamble, “Transforming Carceral Logics: 10 Reasons to Dismantle the Prison Industrial Complex through Queer/trans Analysis and Action”, in Captive Genders: Trans Embodiment and the Prison Industrial Complex (by Eric A. Stanley and Nat Smith, AK Press, 2011)
- Karlene Faith, Unruly Women: The Politics of Confinement and Resistance (Seven Stories Press, 2011)
- Angela Y. Davis, The Meaning of Freedom: and Others Difficult Dialogues, (City Lights Publishers, 2012)