(A) lato è la sezione fotografica di HNM, Humana Natura Mortua, una mostra di denuncia antimilitarista proposta da Giulio Spiazzi (al focus) e Claudio Bighiroli (alle matite) già nel 2007 a Verona, poi aggiornata e riesposta nella biblioteca civica della città veneta nel 2016. In Scintilla, oltre a suonare, Giulio sarà disponibile a ripercorrere questa sua tappa di reportage indipendente, il cui sguardo sottolinea le conseguenze distruttive delle missioni militari, la viltà con cui si arriva ad abbattere tutti gli equilibri vitali, organici oltre che culturali, di un ambiente, pur di sottrarne un profitto, per altro sempre omesso per far leva su un viscerale sentimento d’appartenenza che finge dialogo mentre si afferma tramite vecchi schemi di fedeltà gerarchica e filiazione governativa.
Vogliamo condividere riflessioni sul disarmo che purtoppo si rivelano mai scontate, certo affatto per gli impanti governativi, ma nemmeno nelle nostre città, fino a venir riesumate persino entro i nostri spazi, e anche quanto non va vanto di sé e si ravvede, risulta specchio degli stessi apparati securitari e della prepotenza della giustizia penale, togliendo il respiro a moltx compagnx e persone che non hanno supporto, non possiamo né raggirare noi stessx racchiudendoci in demarcazioni identitarie in ordine di merito, né spingerci a trincerarsi in rappresaglia di ciò che ci rimette in discussione. Non possiamo invece rifutarci di affrontare l’analisi di aspetti che prima che di costruzione geopolitica si rivelano dannatamente umani, se vogliamo percorrere sentieri di libertà.
Trasversalmente, anche se troppo spesso relegata a qualche subordine di importanza, non si può fingere sulla violenza di genere per quieto vivere, violenza trova immunità giudiziale non solo in tempi di invasioni militari, ma già nella norma di molti processi e prima di essi, cosa che impedisce davvero il suo affondamento nei meandri dell’irrazionale, nell’opinione pubblica.
Non possiamo accettare che nelle relazioni che vorremmo antiautoritarie si ripresenti lo stesso gioco perverso tra chi si fa carnefice e chi si ritrova vittima, cioè una violenza che pretende sottomissione, di abusare sui corpi, di detenerne un certo grado di controllo solo per la propria affermazione , e così pure una violenza più subdola, che intende persuadere soggettività che vuole deboli al proprio interesse, di privarle dell’indipendenza espressiva e progettuale, di comprometterne l’informalità con l’accettazione passiva di dinamiche, al contrario, ampiamente discutibili.
La lista sarebbe lunga, ma possiamo iniziare a vomitarle, le forme di illusorietà che l’acquisizione di potere come logica conflittuale assume, anche tra noi.
Alimentare discriminazioni per identitarismo di comodo anziché per obiettivi da perseguire, non è poi così diverso, umanamente, per quanto ci si senta protettx nel proprio credo poliitico, dal lascia proliferare sessimo, omofobia, razzismo, divisioni classiste. Basta ostracismo becero, sì al dibattito senza fine negli spazi.
Benvenuto quindi il dibattito su noi stessi in rapporto ai meccanismi costruiti in secoli di storia in cui la dominazione, quando non è riuscita a fagocitarne l’essenza rivoltosa relegandola a mere divagazioni artistiche, cantonate d’utopia, riconcettualizzando i bisogni come moda di mercato, se non quando non si poteva accettare che i guadagni le quotazioni in borsa corrispondessero a bombardamenti e i seggi imprenditoriali all’invisibiliità delle problematiche localmente vissute, ha provveduto a paralizzare il manifestarsi di tutto ciò che poteva espressamente e concretamente contraddirla. E continua a farlo, perchè trova consensi maggioritari, entro una costante “evoluzione cittadinista” di ripartizioni dei diritti e dei territori. Trovare la nostra posizione in questo evolversi, significa riconoscere i propri compromessi entro una mega-macchina vetero-liberale, il cui interesse d’implementazione della propria efficienza è connesso al livello securitario che può concedersi, in ogni suo braccio, per impedire che qualche granello di sabbia faccia attrito. Riconoscere quindi i propri compromessi personali come ingranaggio significa poter scegliere di sganciarsi, anche rispetto alle attività che non riguardano strettamente la produzione industriale, ma sono meno riconoscibili come fonte di produzione capitalista e rinforzo statale. Non é forse per questo che non solo un’azione cospiratrice, ma anche le piccole forme di dissidenza sono criminalizzate?
Davanti a devastazioni totali e l’avanzamento del progresso manu militari, che continuano a trovare il modo di associare a sé un pubblico servilismo assertivo, sorge la necessità di non lasciarsi coinvolgere, di non averne paura, di rifiutarli, visto che non siamo proprio del tutto materia inerziale…
Smantellare meccanismi di dominazione che si sono susseguiti fino ad oggi, comprende poi soprattutto il non aver filtro nel ricercarne traccia nelle condotte delle nostre vite, perchè qualche veleno che abbiamo assorbito, qualche schema che si riflette nelle nostre azioni che non sia coscientemente stato decostruito, qualcosa da cui non possiamo mai dirci del tutto emancipatx ci sarà sempre, consapevoli che non rispecchiamo nessuna ideale narcisistico di anarchismo, che che possiamo invece tenere i nervi tesi come fionde e augurarci di essere più sparsi possibile, accanto ad ogni tensione liberatrice.